Sorveglianza attiva: cos’è, quando serve ed è sufficiente a evitare l’intervento
Il tumore alla prostata è una delle neoplasie più diffuse nell’uomo. Un caso su tre presenta però dimensioni ridotte e aggressività minima. Questo significa che non è necessario un trattamento o una terapia specifica. Basta osservarlo e tenerlo sotto sorveglianza attiva, durante tutto l’arco della vita del paziente. La salute del soggetto è tutelata attraverso una serie di specifici esami (dosaggio dell’antigene prostatico specifico) e controlli periodici (biopsie diagnostiche, ecografia prostatica transrettale e risonanza magnetica multiparametrica).
Sorveglianza attiva: cos’è e a cosa serve
La sorveglianza attiva è un concetto relativamente nuovo. È un insieme di controlli, osservazioni ed esami, proposti ai pazienti a rischio di progressione molto basso, affetti da tumori prostatici poco significativi. Lo scopo della sorveglianza attiva è quello di evitare (o rimandare a quando improrogabili) gli interventi chirurgici. La vigilanza attiva vuole, quindi, evitare di sottoporre subito il soggetto a interventi come: la prostatectomia a cielo aperto, laparoscopica e robot–assistita, radioterapia esterna e brachiterapia.
Un approccio chirurgico garantisce le stesse percentuali di sopravvivenze e controllo, ma può avere diversi effetti collaterali (come la compromissione della continenza urinaria e della potenza sessuale). La sorveglianza attiva per il carcinoma prostatico è proposta solo ed esclusivamente in determinate circostanze e in casi selezionati. Si devono, infatti, verificare determinate caratteristiche cliniche e psicologiche. Il periodo di “osservazione” del tumore prostatico, è previsto almeno fino a quando non cambiano precise peculiarità della patologia. I controlli periodici sono scanditi da un calendario ben definito, di esami e visite specialistiche.
Sorveglianza sanitaria attiva: i fattori considerati per il trattamento
Diversi i fattori presi in considerazione quando si deve decidere quali pazienti sottoporre alla sorveglianza attiva. Tra questi ci sono, ad esempio:
- età del paziente
- effettiva aggressività della malattia
- numero di biopsie già effettuate
Prassi vuole che se gli esami effettuati dovessero evidenziare una crescita del PSA – antigene prostatico specifico, ma le biopsie eseguite hanno dato tutte esito negativo, si procede allora all’esecuzione di una risonanza magnetica. Con quest’ultima si vuole capire se è necessario procedere a ulteriori biopsie, per scovare un tumore, oppure se l’aumento dei livelli del PSA è dato solo da un processo infiammatorio.
Sorveglianza attiva prostata: l’importanza del fattore “età”
Perché l’età è un fattore così importante nel processo della sorveglianza attiva? È importante perché difronte a pazienti in età avanzata (ad esempio soggetti di 75 anni di età la cui aspettativa di vita media è pari a 10-12 anni), risulta inutile sottoporli a dolorose, continue e impegnative biopsie, tutte le volte che cambiano i valori di PSA. In questi casi, è molto meglio un approccio di tipo osservazionale. Un sistema che consente di evitare la chirurgia a pazienti anziani e molto fragili.
Sorveglianza attiva: chi può beneficiarne
Ancora oggi, nel nostro paese, molti uomini ricevono ancora delle cure che possono avere degli effetti collaterali “severi” a carico della sfera sessuale, urinaria e rettale. Grazie alla sorveglianza attiva è cambiato l’approccio tradizionale a questa malattia sempre più diffusa.
Senza dover essere sottoposto a terapie radicali come chirurgia, radioterapia, o brachiterapia, il soggetto, con tumore indolente, riceve esami e controlli periodici. Tutto questo avviene lungo tutto l’arco della vita del soggetto, o almeno fino a quando la malattia non modifica le sue caratteristiche iniziali. In pratica, quando e se, la malattia dovesse cambiare le sue caratteristiche iniziali, è sempre possibile interrompere il percorso osservazionale, intervenire tempestivamente e indirizzare il paziente verso la terapia più corretta per affrontare il proprio caso.
I pazienti che possono essere sottoposti a sorveglianza attiva, sono quelli che presentano tumori di piccole dimensioni e di bassa aggressività biologica. I valori del PSA devono essere inferiori a 10 nanogrammi per millilitro, il punteggio di Gleason deve essere non oltre a sei e lo stadio clinico inferiore a cT2a. Rimane fondamentale che i pazienti rispettino, in modo rigoroso, il calendario di scadenze per esami e controlli previsti. È necessario sfatare il “mito” secondo il quale, la sorveglianza attiva è prescritta dai medici quando non ci sono alternative. È tutto il contrario. Infatti, quando il medico prescrive il percorso osservazionale, significa che il tumore alla prostata è meno grave del previsto.