Prostatectomia radicale: riabilitazione della disfunzione erettile
Il carcinoma della prostata oggi colpisce sempre di più, giovani uomini sessualmente attivi. Nell’ultimo decennio le diagnosi di tumore alla prostata sono notevolmente aumentate. Di pari passo, però, sono migliorare e si sono maggiormente diffuse svariate tecniche di screening e prevenzione. Metodologie che consentono di diagnosticare il tumore della prostata in stadi molto meno avanzati, rispetto al passato. La prostatectomia radicale (a cielo aperto, laparoscopica o robotica che sia), è uno dei trattamenti più comuni e diffusi per la cura del carcinoma prostatico.
Tecniche che possono avere significative conseguenze sulla vita sessuale del paziente, in seguito all’operazione. Nella maggior parte dei casi, i pazienti che si sottopongono a questo genere di intervento, accusano successivamente dei deficit erettili (disfunzione erettile). La percentuale impattante cambia a seconda dei casi dal 25%, fino addirittura al 75%. La ricerca si è quindi concentrata sullo studio di nuove tecniche chirurgiche e, soprattutto, su procedure riabilitative alla prostatectomia radicale, riabilitazione che può migliorare la successiva attività sessuale dei pazienti.
Disfunzione erettile post Prostatectomia radicale
La disfunzione erettile accusata dai pazienti in seguito ad una prostatectomia radicale, dipende da diversi fattori:
- danno ai nervi erigendi (o nervi cavernosi) che porta a modificazioni pro-apoptotiche nelle linee cellulari della muscolatura liscia dei corpi cavernosi
- riduzione dello stimolo profibrotico che si traduce in una diminuzione di collagene all’interno dei corpi cavernosi del pene.
I corpi cavernosi del pene sono danneggiati dalla carenza di ossigenazione delle arterie cavernose e dalla scarsità di erezioni nel periodo post operatorio. Due elementi che concorrono al danno fibrotico dei corpi cavernosi. Inoltre, non sono da sottovalutare, anche le cause psicologiche che concorrono alla comparsa della disfunzione erettile.
Alcuni pazienti, infatti, tendono a sentirsi meno attraenti a causa delle cicatrici riportate e della mancanza di eiaculazione. Senza contare che il peso mentale e lo stress relativo alla paura della malattia oncologica, riducono drasticamente la libido.
Visto tutte le gravi complicazioni che una prostatectomia radicale può comportare, negli ultimi 20 anni, la ricerca si è concentrata negli studi di trattamenti alternativi per il carcinoma prostatico. A questo si è affiancata anche la ricerca di una corretta riabilitazione andrologica in seguito ad un intervento chirurgico alla prostata.
Prostatectomia radicale: riabilitazione post operatoria
Affinché la riabilitazione post operatoria alla Prostatectomia radicale possa dirsi efficace, è necessario indagare sulla potenza sessuale e lo stato erettivo preoperatorio. Diversi studi infatti, hanno dimostrato che ci sono maggiori possibilità di recuperare le normali funzioni sessuali, quando si conoscono anticipatamente i fattori di rischio che potrebbero determinare il deficit erettile nel paziente.
Gli interventi nerve sparing sono inoltre raccomandabili nei pazienti potenti che presentano carcinoma prostatico a basso rischio di estensione extracapsulare. Studi e test hanno inoltre dimostrato che l’assunzione di farmaci pro erettivi dopo un intervento di prostatectomia radicale, aiutano ad ottenere un maggior numero di pazienti potenti. Prima è iniziato il trattamento di riabilitazione, migliori saranno poi i risultati successivi.
Prostatectomia radicale: riabilitazione farmacologica
Di solito, l’assunzione della terapia farmacologica orale, è consigliata a sette giorni dalla rimozione del catetere vescicale. Iniziare precocemente l’assunzione dei farmaci con PDE-5 inibitori, garantisce un’ottima ossigenazione dei corpi cavernosi e limita, contestualmente, i danni da neuropressia.
Le molecole e i principi utilizzati nella riabilitazione post operatoria di una Prostatectomia radicale sono diversi: sildenafil, tadalifil, vardenafil. Di norma nei primi sei mesi dopo l’operazione, è consigliato un dosaggio pieno di queste molecole, con una somministrazione che va dalle due alle tre volte alla settimana, evitando sempre assunzioni ravvicinate.
A distanza di tre-sei mesi dall’operazione sono poi previste delle visite di controllo. Durante queste visite, a seconda dei casi e dei progressi dei pazienti, la terapia farmacologica è rimodulata. Ad esempio, in casa di mancata risposta ai PDE5-i, è proposta una terapia iniettiva con prostaglandine: PGE1 a dosaggi variabili dai 5 ai 20 microngrammi settimanali. In altri casi, la prima terapia è semplicemente integrata con la seconda. A chi invece risponde positivamente ai PDE5-i è proposto, di norma, una riduzione di dosaggio, per arrivare, progressivamente, alla sua completa eliminazione.
Recupero delle funzionalità erettive
Il recupero delle funzionalità erettive può avvenire entro 24 mesi dall’intervento chirurgico. I tempi comunque variano di caso, in caso e da paziente a paziente. Dopo i 24 mesi, è davvero molto difficile riuscire a notare dei miglioramenti sensibili.
Ai pazienti che si sottopongono alla prostatectomia radicale non nerve sparing, è solitamente consigliato un trattamento post operatorio riabilitativo con PGE-1 con iniezioni che vanno da 5 a 20 microngrammi settimanali. A seconda delle risposte ai vari trattamenti, in alcuni casi, è consigliata la chirurgia protesica. Quest’ultima è proposta a tutti quei pazienti che in seguito ad un intervento chirurgico prostatico e alla sua successiva riabilitazione, non riescono ad ottenere un’erezione valida (e di conseguenza un rapporto sessuale soddisfacente).
Le protesi peniene proposte sono di solito protesi idrauliche peniene, bicomponenti e tricomponenti.