Ipogonadismo maschile: diagnosi e trattamenti
L’ipogonadismo maschile è una patologia che si manifesta con una riduzione, più o meno marcata, dell’attività funzionale delle gonadi (testicoli). Come abbiamo già visto nell’articolo: “Ipogonadismo maschile: riduzione dell’attività funzionale delle gonadi” si tratta di una produzione ridotta degli ormoni sessuali e in particolare del testosterone. Come abbiamo potuto vedere l’ipogonadismo maschile si classifica in primario, secondario, congenito o acquisito. Le cause sono molteplici e diverse ( ipogonadismo primario: malattie genetiche dei cromosomi sessuali, criptorchidismo, orchite post-parotite, ecc… Ipogonadismo secondario: alcune malattie infettive, obesità, invecchiamento, ecc…). Anche i sintomi sono piuttosto vari e vanno, a seconda dei casi e della gravità, dal ridotto sviluppo muscolare, all’infertilità e alla disfunzione erettile. La diagnosi di questa malattia avviene con diversi esami: esame obiettivo, anamnesi ed esami di dosaggio ormonale su un campione di sangue.
Ipogonadismo maschile: test, esami ed anamnesi
L’ipogonadismo maschile può essere diagnosticato attraverso diversi esami: esame obiettivo, l’anamnesi ed esami di dosaggio ormonale su un campione di sangue.
Esame obiettivo
L’esame obiettivo, o clinico è un esame completo ed accurato dei sintomi lamentati dal paziente, da parte del medico curante. Durante la visita l’urologo valuta attentamente ogni aspetto legato ai caratteri sessuali secondari e dei genitali. L’esame prende in considerazione diversi aspetti: altezza, peso, rapporti tra segmento corporeo superiore e inferiore (SS/SI) e tra altezza e apertura delle braccia, che servono a valutare eventuali proporzioni eunucoidi. È esaminata anche la potenza muscolare, il trofismo (stato generale di nutrizione di un organismo o di una sua parte), la distribuzione dell’adipe e la tonalità della voce. Lo sviluppo dei genitali esterni, dei peli corporei e pubici, sono attentamente controllati.
Anamnesi
Con l’anamnesi il medico raccoglie ogni informazione e dato rilevante alla diagnosi dell’ipogonadismo maschile. Attraverso questa raccolta è possibile infatti evidenziare
- presenza di eventuali anomalie dei genitali alla nascita
- alterazioni dell’accrescimento o dello sviluppo puberale
- riduzione della libido o della potenza sessuale
- infertilità
- alterazioni dell’umore o della forza
- cefalea e/o alterazioni sensoriali (deficit olfattivi, visivi o uditivi)
Sempre con l’anamnesi si indaga quindi anche su:
- pregressi traumi
- malattie sistemiche acute o croniche
- assunzione di farmaci o droghe
- trattamenti chemio- o radioterapici
Esame di dosaggio ormonale
Gli esami di dosaggio ormonale prevedono:
- misurazione dei livelli di FHS (od ormone follicolo-stimolante) e LH (od ormone luteinizzante)
- misurazione di livello di testosterone
In presenza di ipogonadismo maschile primario si può notare un aumento dell’ormone follicolo-stimolante (FSH) e dell’ormone luteinizzante (LH). I livelli di FSH e ormone luteinizzante (LH) aiutano quindi a stabilire se l’ipogonadismo è primitivo o secondario. Alti livelli di gonadotropine, anche con livelli di testosterone ai limiti inferiori della norma, indicano un ipogonadismo primario. Al contrario, livelli di gonadotropine bassi, o più bassi di quanto ci si aspetti in base al livello di testosterone, sono indice di un ipogonadismo secondario.
Ipogonadismo: Trattamenti e terapie
Il principale trattamento applicato all’ipogonadismo maschile è la terapia sostitutiva con testosterone (TRT). Si tratta della somministrazione esogena di testosterone e consiste in una vera e propria terapia ormonale, atta a somministrare il principale ormone sessuale maschile al paziente.
Per l’ipogonadismo maschile secondario invece la prima cosa da fare è quella di curare e/o limitare il disturbo che si trova alla base della patologia che ha colpito l’asse ipotalamo-ipofisi. Anche in questo caso può essere applicata una terapia ormonale, che diventa molto importante, ma non primaria come nel caso di ipogonadismo primario.
La somministrazione di testosterone può avvenire in diversi modi:
- tramite cerotto (via transdermica)
- tramite gel applicabile sulla pelle (via transdermica)
- con iniezioni (via parenterale)
- ingerendo apposite pastiglie (via orale)
Trattamento TRT prolungati presentano qualche controindicazione:
- aumenta il rischio di malattie cardiovascolari (attacchi di cuore ed ictus)
- Eritrocitosi (soprattutto negli uomini di età superiore ai 50 anni)
- Tromboembolismo venoso non correlato all’eritrocitosi
- Acne
- Ginecomastia (ipertrofia del tessuto ghiandolare mammario maschile)
- Numero di spermatozoi basso
- Ipertrofia prostatica benigna (molto raramente però)
I pazienti che hanno, o che sono ad alto rischio, di cancro alla prostata devono essere attentamente seguiti durante i trattamenti di TRT. La somministrazione di testosterone in questi soggetti è difatti controindicata negli stessi foglietti illustrativi dei farmaci in questione. Infine, una biopsia della prostata, può rivelarsi necessaria se l’elevazione dell’antigene prostatico specifico, persiste dopo l’interruzione della terapia sostitutiva con testosterone.