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Farmaci per Ipertrofia Prostatica: trattamento farmacologico e terapie mediche

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Farmaci per Ipertrofia Prostatica: trattamento farmacologico e terapie mediche

Il trattamento farmacologico dell’ipertrofia prostatica ha come scopo quello di risolvere, interamente o parzialmente, i sintomi minzionali collegati all’ostruzione urinaria e, eventualmente, rallentare l’ingrossamento della ghiandola stessa.  Non tutti i farmaci per Ipertrofia Prostatica disponibili sono però equivalenti nel meccanismo d’azione, né scevri di eventuali effetti avversi.

È quindi compito dello specialista stabilire, caso per caso, il tipo di trattamento medico da adottare. La scelta è fatta in base all’eventuale beneficio di una terapia farmacologica, alle singole esigenze del paziente e alle caratteristiche della malattia. È possibile tra diverse molecole e differenti tipi di associazioni (monoterapie o terapie combinate).

Farmaci per Ipertrofia Prostatica: antagonisti alfa-adrenergici

Tra i farmaci disponibili gli antagonisti alfa-adrenergici (o alfa-litici), usati in monoterapia o in combinazione, agiscono a livello della muscolatura liscia del collo vescicale, stroma e capsula prostatici. Causano un blocco nervoso adrenergico, con conseguente riduzione delle resistenze uretrali.

Fra i principi attivi che si possono impiegare, ricordiamo:

  • alfuzosina
  • doxazosina
  • terazosina
  • tamsulosina
  • silodosina

Farmaci per Ipertrofia Prostatica

Le molecole disponibili sono numerose, potendo agire in maniera sottotipo selettiva o non selettiva, long o short acting. L’effetto della terapia è solitamente immediato e la somministrazione deve essere fatta quotidianamente. Tra le principali reazioni avverse si potrebbe  avere:

  1. calo pressorio
  2. ipotensione ortostatica (maggiore con le molecole non selettive)
  3. palpitazioni
  4. eiaculazione retrograda
  5. disturbi visivi (cause frequenti di scarsa adesione alla terapia).

Inibitori della 5-alfa-reduttasi

Per i pazienti con ipertrofia prostatica di grado moderato, o elevato, sono utilizzati, allo scopo di ridurre l’ingrossamento della ghiandola, gli inibitori della 5-alfa-reduttasi. Si tratta di un enzima deputato alla conversione del testosterone in diidrotestosterone, propriamente conosciuto come “nutrimento” della prostata. La riduzione dei valori ormonali comporta quindi una soppressione della crescita prostatica, carente del proprio nutrimento, e cambiamenti a livello cellulare tali da ridurre fino al 20% la crescita della ghiandola. Fra i principi attivi appartenenti a questo gruppo di farmaci ritroviamo:

  • finasteride
  • dutasteride (anche in associazione alla tamsulosina)

Le molecole disponibili prevedono somministrazione giornaliera. Il loro effetto può richiedere fino a 3 mesi per essere manifesto. Per questo motivo possono essere usati in associazione ai farmaci per ipertrofia prostatica alfa-litici.

Tra i principali effetti avversi, che colpiscono fino al 19% dei pazienti in monoterapia e fino a un quarto dei pazienti in terapia combinata, spesso mal tollerati, ricordiamo:

  1. calo della libido
  2. deficit erettile
  3. disturbi dell’eiaculazione
  4. disturbi mammari
  5. legati alla riduzione dei livelli testosteronici
  6. effetti metabolici e allergici (meno comuni)

Inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE5i)

Altre molecole con un ruolo nel trattamento della sintomatologia dell’ipertrofia prostatica sono gli inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE5i). Uno dei più comuni è il tadalafil, solitamente usato per i disturbi sessuali associati alle patologie prostatiche. Il tadafil è in grado di migliorare i sintomi urinari, grazie alla sua capacità di favorire il flusso sanguigno a livello di prostata e vescica. È caratterizzato infatti da un’azione rilassante vascolare.

In alternativa sono impiegati anche i farmaci anticolinergici e antagonisti beta-adrenergici, i quali agiscono nel ridurre i sintomi urinari come l’urgenza minzionale, aggravando però eventuali sintomi ostruttivi.

Entrambe le categorie di trattamento sono però specifiche di alcune manifestazioni cliniche e non andrebbero assunte, quindi, se non sotto attento controllo da parte dello specialista di fiducia.

Trattamenti alternativi

Trattamenti alternativi come fitoterapici hanno dimostrato una certa efficacia nel trattamento dei sintomi urinari di modesta entità. Tra questi i più utilizzati sono a base di Sabal Serrulata (Serenoa), una pianta della famiglia delle Arecaceae con azione anti-androgena, anti-flogistica, anti-edemigena e anti-estrogenica. I trattamenti fitoterapici non sono tuttavia sostitutivi della terapia medica e, se pur privi di maggiori effetti avversi segnalati, la loro adozione andrebbe sempre valutata dallo specialista.

La migliore cura è la prevenzione

Nel caso dell’IPB la prevenzione consiste soprattutto in una diagnosi precoce. È consigliato infatti sottoporsi a controlli periodici dopo i 40-50 anni di età. Inoltre, alcuni studi, indicano che anche l’alimentazione potrebbe influenzare lo sviluppo dell’Ipertrofia prostatica benigna. Non si trovano ancora conferme nei risultati, che richiedono ancora approfondimenti, ma è sempre consigliato mantenere uno stile di vita sano e mangiare in modo equilibrato, evitando gli eccessi. Alcol, calorie in eccesso, sovrappeso, ecc… Sono nemici della salute e del benessere dell’organismo, ivi compresa la ghiandola prostatica.