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CHIRURGIA ANDROLOGICA

Riassegnazione
di genere

INTERVENTI

Conversione chirurgica andro-ginoide

L’intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri genitali da maschio a femmina (MtF) consiste in vari procedimenti tra cui:
VAGINOPLASTICA, CLITORIDOPLASTICA, LABIOPLASTICA ed ORCHIECTOMIA BILATERALE.
L’intervento viene eseguito in anestesia totale e consta di due fasi: demolitiva e ricostruttiva.

Fase demolitiva

La fase demolitiva prevede l’asportazione degli organi genitali originari (castrazione): testicoli, epididimo e funicolo, corpi cavernosi, uretra peniena. Nella medesima fase viene creato uno spazio tra retto e vescica cheviene utilizzato nella fase successiva per allocare la neovagina.

Fase ricostruttiva

Nella fase ricostruttiva la pelle del pene, del perineo e dello scroto viene introflessa a “dito di guanto” per foderare una neo-cavità ricavata fra retto e vescica. L’uretra viene sezionata all’altezza del posizionamento del neoclitoride, spatolata e suturata al di sotto del neoclitoride con successivo posizionamento di catetere vescicale. Una porzione del glande viene conservata per costruire un clitoride che conservi sensibilità erogena specifica e permetta di avere una buona sensibilità erotica durante i rapporti sessuali, che viene raggiunta nel 70-80 % dei casi. Per questo la piccola parte del glande viene isolata mantenendo il collegamento con i nervi, le arterie e le vene che assicurano sensibilità e nutrimento. Si effettua anche l’asportazione del bulbo uretrale e del corpo spongioso che l’avvolge perché quest’ultimo gonfiandosi non crei disturbo durante i rapporti sessuali. Infine si modellano la vulva, le grandi e piccole labbra e il monte di Venere per ottenere una forma più simile possibile al corrispondente organo femminile.

Per la creazione della neovagina sono disponibili altre tecniche, meno utilizzate, tra le quali l’utilizzo di parte dell’intestino per la creazione del canale vaginale.

L’intervento richiede una degenza media di 5-6 giorni.

Possibili complicanze

L’intervento coinvolge un distretto corporeo in cui sono presenti organi particolarmente vulnerabili, quali retto, vescica, cute e uretra.

Lesioni su questi organi possono produrre fistole (comunicazioni cioè tra il retto e la neovagina, tra la vescica e la neovagina) con conseguente perdita di urina o di feci attraverso la neovagina stessa e una serie di problemi conseguenti anche gravi (processi infettivi locali o generalizzati). Queste complicanze richiedono interventi chirurgici riparatori.

Complicanze meno gravi ma più frequenti sono la perdita di sangue (emorragia) durante l’intervento o nel post-operatorio che può richiedere trasfusioni di sangue o nuovi interventi per ridurre/eliminare il sanguinamento.

Raramente una parte della cute con cui è rivestita la cavità vaginale può essere poco vitale sino ad andare in necrosi. In questo caso si può determinare un restringimento marcato della vagina in quanto la pelle non vitale determina una cicatrice che tende a ritrarsi. In tal caso può essere necessario un successivo re-intervento di rimodellamento e ampliamento della neovagina.

Molto raramente la cute della neovagina può subire un processo di necrosi tale da rendere necessaria l’asportazione totale nella neovagina stessa. In questo caso sarà necessario un successivo intervento di creazione di neovagina.

I processi di cicatrizzazione delle ferite chirurgiche non sono prevedibili e possono esitare in inestetismi o asimmetrie della neovagina.

Comportamenti da osservare
prima e dopo l'intervento

Nelle settimane precedenti l’intervento, circa 3-4 settimane prima sarà richiesta la sospensione della terapia ormonale da parte del paziente, terapia che sarà ripresa secondo le indicazioni del medico dopo circa 2 settimane dalla completa mobilizzazione avvenuta dopo l’intervento.

Dopo l’intervento chirurgico è necessario medicare le ferite con un antisettico fino a loro guarigione, inoltre si raccomanda l’uso di un dilatatore rigido da utilizzare 2/3 volte al giorno per i primi mesi e poi 1/2 volte al giorno, tutti i giorni, indefinitamente (per tutta la vita).

Dopo ogni dilatazione è importante l’impiego di lavande vaginali allo scopo di mantenere una accurata igiene ed evitare il rischio di infezioni a livello neovaginale.

I primi rapporti sessuali potranno essere intrapresi dopo 1-2 mesi dall’intervento.

Riposo per 10 giorni postoperatori ed astensione dall’attività fisica per circa 30 giorni o comunque in relazione all’esito del parere medico alla visita di controllo.

Conversione chirurgica gino-androide

Gli interventi per la conversione gino-androide sono molteplici e possono essere effettuati isolatamente o variamente associati tra loro. La conversione comprende:

Interventi demolitivi: isterectomia (rimozione dell’utero), colpectomia (rimozione della cervice uterina) e mastectomia (rimozione delle mammelle)

Interventi ricostruttivi: metaido-lastica o clitoridoplastica, falloplastica, scrotoplastica, uretroplastica.
Questa tecnica usa il clitoride, ipersviluppato dalla terapia ormonale, per costruire un micro-fallo, che in alcuni casi può raggiungere la lunghezza di 5-7 centimetri. Consiste nel liberare da tutte le lacinie connettivali e valorizzare il tessuto erettile presente e costruire un tratto di uretra fino all’apice del piccolo fallo. Piccoli allungamenti del neo-fallo possono essere ottenuti mediante sezione del legamento sospensore e talvolta con la rimozione del grasso sovrapubico. Questo intervento presenta il vantaggio di mantenere la sensibilità erogena del clitoride, consentire un’erezione naturale e permettere, in molti casi, la minzione in stazione eretta; tuttavia, le dimensioni ridotte dell’organo costruito lo rendono, nella maggioranza dei casi, inadeguato alla penetrazione. Per questo motivo raramente viene richiesto dagli interessati alla riconversione.
Le tecniche proposte sono numerose; essenzialmente si dividono in quelle che utilizzano tessuti locali per costruire il neo-fallo (lembo sovrapubico) e quelle che utilizzano lembi liberi prelevati da altre regioni e trasferiti nella sede appropriata con tecniche microchirurgiche (lembo antibrachiale, lembo anterolaterale di coscia).
La neo-uretra, in genere rivestita di cute con annessi (tessuti quindi poco idonei al passaggio e ristagno di urina), è gravata da un rilevante tasso di complicanze immediate e tardive (infezioni, stenosi, fistole), che richiedono spesso interventi ripetuti di correzione. Per questo motivo, molti pazienti rinunciano alla costruzione della neo-uretra, conservando il meato originale e rinunciando alla pur desiderata possibilità di minzione in stazione eretta.
Consiste nel creare due tasche a livello delle grandi labbra, introducendo e fissando una protesi in silicone. Rottura, espulsione e dislocazione della protesi sono eventi poco frequenti.
La protesi, dello stesso tipo di quelle usate per la disfunzione erettile maschile (semirigida, malleabile, idraulica bi- o tri-componente), viene alloggiata, attraverso un’incisione verticale alla base del neo-fallo, in una tasca ottenuta per via smussa all’interno dell’organo e fissata prossimalmente al pube.

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    Dr. Andrea Cocci

    urologo e andrologo

    La scelta di dedicare la mia vita professionale all’urologia ed in particolare alla chirurgia andrologica e ricostruttiva è frutto di una profonda passione per l’anatomia, l’arte chirurgica ed in generale il processo diagnostico terapeutico che porta alla guarigione del paziente. Patologia oncologica, infertilità, disfunzione erettile, malattie del pene o semplicemente disturbi prostatici affliggono irrimediabilmente non solo l’individuo ma anche la dimensione di coppia.

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    Dr. Andrea Cocci
    Urologo e andrologo

    Ho piena convinzione che ascoltare il paziente, carpirne i bisogni, valutarne le aspettative sia l’unico modo di instaurare un programma terapeutico di successo e soddisfazione sia per il medico che per il paziente.